Kitchen di Banana Yoshimoto

Mikage è una ragazza orfana, che rimane completamente sola quando muore la sua unica parente, la nonna, che l’ha cresciuta con grande amore

All’inizio la ragazza non riesce ha superare la dolorosa perdita e la solitudine che la circonda e cade in uno stato di apatia. Si aggiunge il problema che da sola Mikage non può permettersi di abitare nell’appartamento della nonna. Poi viene invitata ad abitare temporaneamente a casa di Yuichi Tanabe e di sua madre. E a questo punto una sorpresa: la madre è una donna bellissima, ma in realtà è il padre del ragazzo, perché dopo la morte della moglie l’uomo si è sottoposto ad un intervento per diventare donna, convinto che non si sarebbe mai più innamorato, essendo stato molto innamorato della moglie.

In casa Tanabe Mikage ritrova una famiglia e poiché ha una vera passione per le cucine, nuovissime e luccicanti o vecchie e vissute, comincia ad appassionarsi anche al cucinare e decide che sarà questo il suo lavoro. Con la famiglia Tanabe Mikage ricomincia a vivere.

È un romanzo un po’ triste sulla solitudine giovanile. Le cucine che sogna Mikage, rimasta sola al mondo dopo la morte della nonna, rappresentano il calore di una famiglia sempre desiderata.

Con questo romanzo, Banana Yoshimoto si è imposta all’attenzione del pubblico italiano mostrando un’immagine del Giappone completamente sconosciuta agli occidentali. Il linguaggio, fresco e originale, vuole essere una rielaborazione letteraria dello stile dei fumetti manga.

Del “fenomeno” Banana Yoshimoto si è cominciato a parlare anche in Italia, ancor prima che apparisse nelle librerie la versione italiana di “Kitchen”, il primo romanzo di successo della giovane scrittrice giapponese, scritto nel 1988. Un successo che all’inizio poteva essere considerato moda passeggera confermato invece dalla pubblicazione di altri romanzi, tutti rapidamente saliti in Giappone alle prime posizioni nella classifica dei best seller.

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