“Mi chiamo Renée. Ho cinquantaquattro anni. Da ventisette sono la portinaia al numero 7 di rue de Grenelle, un bel palazzo privato con cortile e giardino interni, suddiviso in otto appartamenti di gran lusso, tutti abitati, tutti enormi. Sono vedova, bassa, brutta, grassottella, ho i calli ai piedi e, se penso a certe mattine autolesionistiche, l’alito di un mammut. Non ho studiato, sono sempre stata povera, discreta e insignificante“.
Inizia così il racconto di Renée, la protagonista di “L’eleganza del riccio” creata dalla penna di Barbery Muriel. Una storia edita da E/O nel 2007 e che è recentemente diventata un film in prossima uscita nelle sale italiane.
L’ELEGANZA DEL RICCIO: LA TRAMA
Parigi, rue de Grenelle numero 7. In un elegante palazzo abitato da famiglie dell’alta borghesia, vivono ministri, burocrati, maitres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all’idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all’insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l’arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Cita Marx, Proust, Kant… dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni. Ma tutti nel palazzo ignorano le sue raffinate conoscenze, che lei si cura di tenere rigorosamente nascoste, dissimulandole con umorismo sornione.
Poi c’è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita (il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l’ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l’uno dell’impostura dell’altro, si incontreranno solo grazie all’arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese… il solo che saprà smascherare Renée.
“Ognuno di noi è bersagliato da un’immane quantità d’informazioni e deve continuamente prendere decisioni. Diventa così di vitale importanza sviluppare un’arte di pensare. Questo di Alberto Oliverio è un viaggio appassionante attraverso le teorie della mente, un viaggio nella nostra psiche, nei nostri problemi, nella nostra vita: impareremo a non farci influenzare troppo dai sondaggi d’opinione; saremo costretti ad ammettere che i nostri sensi ci possono ingannare e che ciò che ci compiacciamo di chiamare “intuito” spesso non è che la somma dei nostri pregiudizi.”
“Di tre cose ero del tutto certa. Primo, Edward era un vampiro. Secondo, una parte di lui – chissà quale e quanto importante – aveva sete del mio sangue. Terzo, ero totalmente, incondizionatamente innamorata di lui“. Se solo a leggere queste parole provate un tuffo al cuore e vi si rizzano i capelli, è il momento giusto di sognare.