Fuga senza fine di Joseph Roth

Una storia vera, di cui è protagonista il giovane ufficiale asburgico Franz Tunda, che nel 1916, in Galizia, viene catturato dai russi e deportato in Siberia.
Completamente all’oscuro dei risultati della guerra, della caduta dello zar e della vittoria dei bolscevichi, della sanguinosa guerra civile che proprio in quel periodo dilaniava la Russia, Tunda decide di abbandonare il lontano rifugio per ritornare con qualunque mezzo a Vienna, dove si illude che sia rimasta ad attenderlo la sua fidanzata Irene, una ragazza della ricca borghesia viennese. Ma ad un certo punto Tunda viene preso prigioniero dai rossi e aggregato dai rivoluzionari nella guerra contro i controrivoluzionari. Tunda si lascia coinvolgere senza reagire, si adatta a qualunque situazione senza mai pensare al futuro.

Finita finalmente la guerra civile, Tunda fugge dall’Unione Sovietica e riesce a raggiungere Vienna, che non era più come la ricordava. Tunda si aggira per la grande nuova città come un fantasma. E così va in una cittadina della Renania, dove vive di espedienti, ospite del fratello.
Una fuga senza fine è proprio questo andare alla deriva dalla quiete della Siberia alla rivoluzione in un Paese preso dal fuoco, da Mosca a Baku, da Baku a Vienna, da Vienna a questa cittadina renana e poi a Berlino e infine a Parigi, dove spera di trovare Irene. In effetti si incontrano per caso, Tundra e Irene, ma non si riconoscono. Una fuga attraverso l’Europa sconvolta, tra la Rivoluzione Russa e Berlino, le prime avvisaglie del nazismo e la continua nostalgia in cui il protagonista si perde.
L’AUTORE
Joseph Roth
è uno scrittore austriaco divenuto famoso per il romanzo ”Marcia di Radetzky” apparso nel 1932. Un’opera emblematica attraverso la quale l’autore, giunto ormai alla maturità, offre un realistico affresco del declino dell’impero asburgico. Joseph Roth era nato a Schwabendorf, in Volyhnia, da una famiglia di ebrei osservanti (suo nonno era un rabbino). Tra il 1901 e il 1905, Roth frequentò la Baron-Hirsch-Schule, a Brody, e tra il 1905 e il 1913 il l’Imperiale Ginnasio del Principe Rodolfo. Successivamente, tra il 1914 e il 1916, egli studiò letteratura e filosofia presso le Università di Lemberg e di Vienna.
Nel 1916, Roth venne arruolato nell’esercito austriaco e prestò servizio in un reggimento fucilieri di stanza sul fronte orientale. Catturato dai russi, Roth trascorse parecchi mesi in diversi campi di concentramento, osservando e studiando la psicologia umana. Alla fine del conflitto egli fece ritorno in Austria. All’inizio degli anni Venti, Joseph Roth iniziò ad occuparsi di giornalismo. Si sposò con una donna che risultò poi malata di mente. Dopo il tragico epilogo del suo matrimonio (la moglie dovette essere rinchiusa in un manicomio), tra il 1923 al 1932 Roth fu corrispondente per il Frankfurter-Zeitung, ed ebbe modo di viaggiare in largo e in lungo per l’Europa, visitando e rimanendo, tra l’altro, colpito dalle città e dalle bellezze paesaggistiche della Francia meridionale alle quali dedicò numerosi reportage, raccolti in seguito ne Le città bianche.
Altri suoi approfonditi resoconti fornirono in seguito la traccia per la stesura del noto Ebrei Erranti (Juden auf Wanderschaft) del 1927. Ma Roth aveva esordito come romanziere ben prima delle sue brillanti cronache di viaggio, nel 1923 con il romanzo La tela di ragno (Das Spinnennetz), opera cui aveva fatto seguito l’anno seguente Hotel Savoy. Nel 1926, Roth si recò in Unione Sovietica per indagare circa i risultati della rivoluzione leninista. Durante il suo soggiorno nell’Est egli registrò a più riprese le sue impressioni in una serie di eccellenti servizi che anch’essi servirono da traccia ad un altro suo significativo lavoro: Il profeta muto (Der stumme Propher) che venne pubblicato dopo molti anni dalla sua morte, nel 1966.

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