Alda Merini: la stagione del tormento di Mark Dennison

Alda Merini: la stagione del tormento di Mark Dennison

Non è facile dare un giudizio sulla poesia del nostro tempo: una valutazione equilibrata e serena necessita della prospettiva della distanza

Si sente, ad esempio, ripetere che nei tempi che viviamo la poesia è morta e che il progresso vertiginoso della scienza ha contribuito al suo definitivo tramonto. Ma chi ha assegnato alla sola ragione il supremo potere di scoprire la verità? Sono passate da tempo le esaltazioni illuministiche, positivistiche e storico materialistiche che assegnavano alla ragione tale potere; l’uomo moderno sa bene che, pur essendo essa un mezzo meraviglioso che ha consentito all’uomo di raggiungere traguardi impensabili, è pur sempre un povero tramite per scoprire la verità universale. Perciò il lettore che si accosti per la prima volta ad Alda Merini probabilmente sarà colpito dalla caratteristica sensualità poetica della forma. Poesia unicamente come compimento di se stessa, poesia come risposta alla propria fragilità: questa la chiave interpretativa delle variazioni metriche della Merini, del suo mondo carnale e naturalistico, delle immagini ricche di sensazioni, di metafore, d’implicazioni concettuali sull’avventura umana. Versi divisi fra flussi di coscienza e un tracciato romantico, disillusi dal reale e basati su inconfessabili moti dell’anima. La Merini vive il tempo del proprio amore inteso anche come maniera d’intuizione del circostante e quindi con inflessioni letterarie che trasfigurano in accensioni quasi cromatiche la costante inquietudine di questa sua pur sofferta gratificazione.

Nelle sue peregrinazioni lessicali, racchiuse entro formulazioni spesso bozzettistiche, il componimento si fa simbolo prima ancora di poter divenire esplorazione linguistica. L’Autrice non giunge mai a soluzioni scoperte, eclatanti, o a visioni assolute, ma solo all’apparente brevità di un movimento metafisico che definisce i sentimenti attraverso la lezione del passato nel timore d’attingerne gli invisibili significati della solitudine e della malinconia. Il voler cogliere il senso giusto della memoria diviene allora tentativo di fermare l’esistenza nella brevità del ricordo, di sfuggire alla continuità spaziale, di rifiutare l’apparente per modellar da sola il proprio destino.

E da qui lo snodarsi di un dialogo, introspettivo e intimistico, che trasforma in allusioni e allegorie il tormento fattosi elegia di questa sua stagione. In merito alla drammatica e sconvolgente esperienza del manicomio da parte della poetessa ”la Merini scrive in momenti di una sua speciale lucidità benché i fantasmi che recitano da protagonisti nel teatro della mente provengano spesso da luoghi frequentati durante la follia. In altre parole, vi è prima una realtà tragica vissuta in modo allucinato e in cui lei è vinta; poi la stessa realtà irrompe nell’universo della memoria e viene proiettata in una visione poetica in cui è lei con la penna in mano a vincere”.

Queste le espressioni di Maria Corti che presentano la raccolta di poesie inedite Vuoto d’amore (Mondolibri-Mondadori, Milano 2010, € 11,00). L’accenno biografico della Merini è sicuramente la mappa per muoversi nella propria realtà di visioni e immaginifica. Il volumetto di 136 pagine, si divide in sei settori: Il volume del canto, da Vuoto d’amore – Poesie per Charles (1982), La gazza ladra – Venti ritratti (1985), Per Michele Pierri, da Poesie per Marina (la figlia) (1987-90), La Terra Santa (non inedite), per un totale di 110 poesie.

Per le sue estreme condizioni di povertà, Alda Merini usufruiva dell’erogazione di un assegno straordinario vitalizio in base alla Legge Bacchelli (n. 440 dell’8 agosto 1985) che assegna a quei cittadini che si siano distinti nel mondo della cultura, dell’arte, dello spettacolo e dello sport, ma che versano in situazioni di indigenza. Il nome con cui la legge è nota è dovuta al primo artista beneficato: lo scrittore Riccardo Bacchelli.

Tra gli altri, il pensatore Guido Ceronetti, gli scrittori Anna Maria Ortese e Gavino Ledda, il poeta Dario Bellezza, i cantanti Umberto Bindi, Ernesto Bonino e Joe Sentieri, le attrici Alida Valli e Tina Lattanzi, il pugile Duilio Loi, l’attore Salvo Randone, la prima annunciatrice della Rai Fulvia Colombo, l’eroe di guerra Giorgio Perlasca e il poeta Federico Tavan. Al pensiero dei martiri miliardari di prima serata (Santoro, Fazio, ecc.) con un immenso futuro alle proprie spalle e destinati a grandi cose, viene davvero un irrefrenabile sdegno rabbioso.

Fonte: ariannaeditrice.it
Fonte dell’articolo: Rinascita, quotidiano diretto da Ugo Gaudenzi

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