“Non c’è silenzio che non abbia fine” di Ingrid Betancourt

I miei sei anni di prigionia nella giungla colombiana

Rapita dalle Farc nel 2002, Ingrid Betancourt vive per sei anni ai confini della civiltà e spesso oltre quelli dell’orrore, a contatto quotidiano con persone che non sono mai quello che sembrano. Le compagne di prigionia, i soldati, gli amici, gli aguzzini: ognuno di loro nasconde segreti e traumi. E poi fango, afa, insetti e malattia, il cinismo e la brutalità dei guerriglieri: sono ricordi brucianti che hanno lasciato cicatrici profonde nel corpo e nell’animo.

Una situazione ai limiti della follia, nella quale la sostengono l’ansia per la famiglia lontana e il conforto della preghiera. Gabbie e catene, marce forzate e tanta voglia di libertà: questi i ricordi sempre più brucianti di Ingrid Betancourt, che con questo racconto lascia un documento prezioso sulle ambiguità dell’animo umano di fronte all’estremo.

Ingrid Betancourt (Bogotà, 1961), candidata alla presidenza della Colombia nel 2002, è stata ostaggio dei guerriglieri delle Farc fino al luglio del 2008. Ha pubblicato Forse mi uccideranno domani (2002) e Lettera dall’inferno a mia madre e ai miei figli (2008).

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